Matematicamente

mercoledì 1 febbraio 2012

Benvenuti All'Hotel Infinito

"Benvenuti All'Hotel Infinito" è un'animazione prodotta da The Open University e narrata dall' attore David Mitchell, in cui seguiamo un famoso paradosso proposto dal matematico David Hilbert che dimostra le strane proprietà dell'infinito.
Immaginate un hotel con un numero infinito di stanze con un numero illimitato di ospiti. Cosa succede se arriva un nuovo ospite in cerca di una stanza? O se si presenta un autobus con un carico infinito di passeggeri in cerca di altrettante stanze?

Il video è proposto da New Scientist TV nella sua rubrica Math in a Minute.





Riporto da Wikipedia:
"Il Paradosso del Grand Hotel è un celebre paradosso inventato dal matematico David Hilbert per mostrare alcune caratteristiche del concetto di infinito, e le differenze fra operazioni con insiemi finiti ed infiniti.

Hilbert immagina un hotel con infinite stanze, tutte occupate, ed afferma che qualsiasi sia il numero di altri ospiti che sopraggiungano, sarà sempre possibile ospitarli tutti, anche se il loro numero è infinito.

Nel caso semplice, arriva un singolo nuovo ospite. Il furbo albergatore sposterà tutti i clienti nella camera successiva (l'ospite della 1 alla 2, quello della 2 alla 3, etc.); in questo modo, benché l'albergo fosse pieno è comunque, essendo infinito, possibile sistemare il nuovo ospite.

Un caso meno intuitivo si ha quando arrivano infiniti nuovi ospiti. Sarebbe possibile procedere nel modo visto in precedenza, ma solo scomodando infinite volte gli ospiti (già spazientiti dal precedente spostamento): sostiene allora Hilbert che la soluzione sta semplicemente nello spostare ogni ospite nella stanza con numero doppio rispetto a quello attuale (dalla 1 alla 2, dalla 2 alla 4,etc.), lasciando ai nuovi ospiti tutte le camere con i numeri dispari, che sono essi stessi infiniti, risolvendo dunque il problema. Gli ospiti sono tutti dunque sistemati, benché l'albergo fosse pieno.

Ancora più difficile: ci sono infiniti alberghi con infinite stanze tutti al completo. Tutti gli alberghi chiudono, tranne uno. Tutti gli ospiti vogliono alloggiare nell'unico albergo rimasto aperto. Sarebbe possibile procedere come prima, ma solo scomodando infinite volte gli ospiti. Un modo alternativo, invece, è di assegnare ad ogni persona una coppia di numeri (n,m) in cui n indica l'albergo di provenienza, e m la relativa stanza."
[Continua leggere]

Matem@ticaMente ha pubblicato nel 2008 un "Racconto ispirato al paradosso del grand hotel di Hilbert".

A questo link potete leggere, in italiano, una versione del paradosso nel racconto di Stanislaw Lem L’Hotel straordinario, o il milleunesimo viaggio di lon il Tranquillo".

Consiglio anche Welcome to the Hotel Infinity! di Nancy Casey e The Hilbert Hotel di Steven Strogatz su THE NYTIMES.

8 commenti:

  1. Visto la mia ignoranza in materia posso permettermi di dire in modo semplice.

    Un paradosso matematico dell'albergo infinito che non capisco, e mi piacerebbe capire.

    Un bacione.

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  2. Il paradosso di Hilbert qui esposto in modo davvero efficace per la comprensione, almeno per il genere di contenuto tradotto in fumetto, ma non per la penetrazione della piena soluzione del problema che è un paradosso appunto, porta alla valutazione di quanto sia importante il ricorso all'esperimento del fumetto. Esso ci dice di come è possibile tradurre l'arido astratto pensiero dei matematici in una realtà tutt'altro che arida. Essa vive come può, di conseguenza, vivere, agire e interagire, ogni sua applicazione pratica della scienza applicata. Io non so se questa realtà è conscia a tutti i matematici, ma credo che per molti di essi è così.
    Come a voler immaginare che la materia vive, giusto in aderenza alle antiche concezioni esoteriche di cui l'alchimia ne è l'espressione più aderente a questo concetto. Il fumetto che hai esposto con questo post, Annarita, ma ne continui a presentare, perché il web è una miniera di cose del genere e di altro, secondo me, questo lascia intravedere anche se si stenta a credere. Come a obiettare che è l'uomo che fa vivere la materia e, naturalmente, con tutto il suo seguito di esseri animali, e vegetali. Tuttavia al pensiero umano alletta questo approccio alla materia che vive, al punto di ritenerla una macchina, un mondo popolato di robot che ad un tratto prendono coscienza di esistere e vivere, appunto.
    Ricordate la scena del film del 1986 “Corto Circuito” diretto da John Badham, quando il robot, di nome Numero 5, tenta di imitare una cavalletta, ma sfortunatamente finisce per schiacciarla e dice:
    «errore cavalletta smontata... rimontare!» rivolgendosi a Stephanie presso cui si era rifugiato.
    Ed ancora, insistendo più volte:
    «errore cavalletta smontata... rimontare!».
    Stephanie, a quel punto, è costretta a spiegargli la natura della morte dell'insetto e gli dice:
    «l'hai schiacciata è morta» e poi
    «lo so che è un concetto strano, ma quando sei morto, sei morto, sei finito per sempre!».
    Numero 5, ci pensa su dicendo
    «cavalletta smontata... rimontare»,
    «schiacciato... morto!»,
    infine capisce il senso del morire ed esclama pieno di spavento:
    «noo, smontare! noo, smontare!»
    In seguito, dopo rocambolesche scene in cui Numero 5 è inseguito da quelli del centro militare Nova, dove prima si trovava e che intendono “riassemblarlo”, ha modo di trovare protezione presso il suo creatore il dr. Newton Crosby e il di lui aiutante Benil. A questo punto si assiste ad un dialogo fra Numero 5 e Crosby che è la continuazione dell'esperienza della cavalletta schiacciata dove il robot prende consapevolezza di esistere. Crosby, non sa della cosa e cerca di convincerlo a farsi riprogrammare perché i suoi circuiti hanno subito dei danni. Ma Numero 1 si oppone dicendo:
    «Programma dice, distruggere, morire»
    e poi aggiunge
    «Numero 5 non vuole»,
    «perché non vuole farlo?» ribatte Crosby,
    «È male, non giusto, professor Newton Crosby non sa questo?»,
    «È male uccidere – conviene il prof –, ma a te chi te l'ha detto?»,
    di qui la risposta che lascia di stucco lo scienziato :
    «IO DETTO DA SOLO!».
    Grazie Annarita,
    Gaetano

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  3. Rosaria, tranquilla. Ci vogliono un po' di studio e di requisiti matematici alle spalle per comprendere il paradosso di Hilbert.

    Una lode alla tua buona volontà e al coraggio di leggere questi post.

    Un abbraccio.

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  4. Grazie, Gaetano, del commento. Suggestivo il riferimento a “Corto Circuito” e al robot Numero 5.

    Ho molto apprezzato.

    Un caro saluto.
    Annarita

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  5. Ciao carissima, riprendo la mia frequentazione sui tuoi blog e mi ritrovo un post sul concetto di infinito. Già in sè spiegare un concetto necessita di padronanza dell'argomento e buona capacità di resoconto e spiegazione, se poi ci "lanciamo" verso l'infinito, il compito diventa davvero arduo.
    Il paradosso del Grande Hotel è sicuramente un modo concreto di approcciare, ma capisco bene che può comunque risultare ostico per chi non ha una buona basa logico/matematica. Il paradosso in genere è un ottimo "strumento" in cui fantasia ed intuizione si uniscono per cercare di spiegare o smontare ed è forse per questo che ha anche un suo fascino particolare, arrivi alla sua fine e, o hai la spiegazione/soluzione o hai il dubbio. In entrambi i casi il risultato è positivo, anche nel caso del dubbio, perchè questo ti spinge ad approfondire, a pensare magari in modo "laterale" (come dice qualcuno).

    Un grazie a te per il post, un apprezzamento alla sconfinata volontà di Rosy ed un bit bit all'amico Aldo che ci ha ricordato del "IO DETTO DA SOLO" del mitico Numero 5.
    Un infinito salutone
    Marco

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  6. Caro Marco, bentornato! La tua assenza si notava. Il concetto di infinito unitamente al concetto di paradosso formano un binomio esplosivo cui è difficile resistere.
    Concordo con le tue riflessioni sempre pertinenti.

    Preciso che il commento sul Numero 5 è di Gaetano e non di Aldo.

    Un salutone.
    Annarita

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  7. Devo riscaldare i motori ed oliare qualche ingranaggio ma poi riprendo a scocciare sperando però di non sbagliare ancora i nomi.
    Chiedo scusa a Gaetano.
    Un salutone
    Marco

    PS:
    sono felice d'essere "tornato"...
    che poi sembra che sia andato un un luogo lontano (ma lasciamo il mistero)

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  8. Beh, Marco, una oliata agli ingranaggi ogni tanto fa bene a tutti;)
    ...E poi è facile confondersi, capita anche in famiglia di usare il nome di un componente per chiamarne un altro.

    Sono felice anche io che tu sia tornato,...da qualunque dimensione ti trovassi!;)

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