Matematicamente

lunedì 12 ottobre 2015

Sui Presunti Inganni della Matematica

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In matematica, esiste la verità sempre e comunque oppure può annidarsi l’inganno?
Nel dialogo seguente, due amici discutono proprio su tale problematica.

Lucio: «A questo mondo, non esiste la verità! L’inganno e la falsità la fanno da padrone. Non ci si può fidare di niente e di nessuno».
Fosco: «Ma che cosa stai dicendo! Sorvoliamo sul “nessuno”, ma non si può tollerare il “niente”. Ti stai dimenticando della matematica. Può esserti antipatica quanto vuoi, ma non puoi disconoscerle tre qualità uniche: rigorosità, certezza e verità!».
Lucio: «Ecco! Ha pontificato, come al solito. Ai fini del nostro ragionamento, se proprio vogliamo ragionarci sopra, mi interessa soltanto la terza presunta qualità…per il momento! Tu dici che la matematica contiene la verità, eppure su questo punto non concordano nemmeno gli stessi matematici, e mi riferisco ai matematici di professione».
Fosco: «Ad esempio?».
Lucio: «Beh, sì, ad esempio, Odifreddi ha dichiarato, in un articolo del "Corriere della sera" (mi sembra fosse il n. 12 del 22 marzo 2007), che: “Diversamente dalle religioni, la scienza non ha dunque bisogno di rivendicare nessun monopolio della verità: semplicemente ce l’ha”.

Invece, nel libro Mathematics in Western Culture di Morris Kline, matematico statunitense, l’autore scrive: “La matematica è un corpo di conoscenza. Essa non contiene però verità. La convinzione contraria, che la matematica sia cioè un insieme inattaccabile di verità, che essa sia una sorta di rivelazione finale di Dio, così come le persone devote considerano la Bibbia, è un errore popolare che è estremamente difficile sradicare. Fino al 1850 anche molti matematici davano il loro assenso a questo errore. Fortunatamente alcuni eventi dell’Ottocento, dimostrarono ai matematici l’errore insito in questo atteggiamento. Non soltanto nella matematica non c’è nulla di vero, ma taluni teoremi accettati in alcuni settori contraddicono altri teoremi in altri settori. Ad esempio, alcuni teoremi stabiliti in geometrie create nel corso dell’Ottocento contraddicono quelli dimostrati da Euclide nel suo sviluppo della geometria. Benché priva di verità, la matematica ha conferito all’uomo uno straordinario potere sulla natura.

Se non sono contrastanti queste due posizioni! Come la mettiamo allora con la verità matematica? Inganno sì o inganno no?».
Fosco: «Avere opinioni contrastanti mi sembra un fatto piuttosto naturale, ma in fondo sono soltanto parole. Vorrei degli esempi più concreti!».
Lucio: «Vorresti degli esempi più concreti? Bene! eccoti accontentato.
Leggi un po’ che cosa propone Martin Gardner nel suo Enigmi e giochi matematici!

Sia a = b + c 
Moltiplichiamo entrambi i termini dell’uguaglianza per (a−b)
a (a − b)  = (b + c) (a − b) 
Otteniamo: 
a^2 − ab = ab + ac – b^2 − bc 
Fattorizzando: 
a (a – b − c) = b ( a – b − c) 
Dividendo entrambi i membri per (a – b − c) si ottiene che a = b, risultato che non può essere vero poiché contraddice l’assunto iniziale che a = b + c».
Fosco: «Ahhhhh! Inganno sì, inganno no…un bel nulla. Qui si tratta di ignoranza…la tua. E adesso non te la prendere. Rifletti un attimo.
Se a = b + c, allora a – b − c = 0, e dividere per 0 è notoriamente impossibile!

Il trucchetto che hai proposto, in una versione più evidente e banale, pretende di dimostrare che 1 = 2.
Senti un po’!
a^2 − a^2 = a (a − a) 
ma la differenza di due quadrati è anche: 
a^2 − a^2 = (a + a) (a − a
Fattorizzando il primo membro, si ottiene:
a (a − a) = (a + a) (a − a) 
Dividendo i membri dell’uguaglianza per (a − a), si ottiene che 
a = 2a e quindi 1 = 2 dopo aver diviso per a.
Anche qui, si perviene ad un risultato assurdo, scaturito da un’operazione errata, ovvero la divisione per 0.

Questi sono trucchetti atti a testare l’asinaggine media dilagante in fatto di matematica. Studia la matematica. Ti conviene!
Se non hai ulteriori e più convincenti argomenti, penso che potremmo considerare conclusa la nostra discussione».
Lucio: «Vediamo che cosa ne dici di questa situazione. Prendi un foglio di carta, su cui sono disegnate dieci linee o segmenti di uguale lunghezza, e taglialo secondo la linea tratteggiata (figura superiore). Ricomponi i due pezzi del foglio (figura inferiore). Mi sapresti spiegare perché le dieci linee sono diventate nove nel foglio ricomposto? Che diavolo di inganno c’è sotto? ».


Fonte dell'immagine: Wikipedia

Fosco: «Datti pace. Non è un inganno neanche questo. Si tratta di un semplice trucchetto…una specie di specchietto per le allodole o per gli allocchi.
Osservando con attenzione, potrai constatare che la lunghezza della linea apparentemente scomparsa risulta suddivisa equamente tra le nove linee ottenute, che in realtà sono più lunghe delle dieci linee iniziali. Se ti concentri per benino, potrai notare che la prima e l'ultima linea del disegno iniziale (figura superiore) non vengono tagliate affatto. In definitiva, le linee che risultano tagliate sono otto.
Si tratta di un ben noto paradosso geometrico (Vanished line paradox) che si rifà al paradosso dell’area scomparsa, un particolare puzzle inventato, secondo Martin Gardner, da Paul Curry nel 1953. Addirittura sembra che il principio di un paradosso della dissezione sia noto fin dall'inizio del 16° secolo! ».
Lucio: «Cerchiamo di arrivare alle conclusioni! Tu vorresti convincermi che in Matematica certezza e verità dominano assolute? ».
Fosco: «Non arrivare a delle conclusioni affrettate. Ho semplicemente affermato che non si possono disconoscere alla matematica tre qualità peculiari, rigorosità, certezza e verità, ma non ho mai rivendicato un principio dell’assolutezza.
Voglio dire che, in Matematica, certezza e verità sono sempre correlate ad assiomi o postulati assunti come base della teoria».
Lucio: «…che, in parole povere, vuol dire che…?».
Fosco: «…che:
1. Gli assiomi o postulati costituiscono il punto di partenza per delineare un determinato quadro teorico come quello della teoria degli insiemi, della geometria, dell'aritmetica, del calcolo delle probabilità ecc. 
2. In matematica una affermazione può essere vera in una teoria e falsa in un’altra. In sintesi, non c’è una verità assoluta bensì una verità relativa ai punti iniziali, che sono gli assiomi alla base della teoria».
Lucio: «La cosa si fa interessante. Un esempio concreto? 
Fosco: «Vuoi un esempio concreto? Bene! Quanto vale la somma degli angoli interni di un triangolo?».
Lucio: «Che domanda! Lo sanno tutti che vale 180°».
Fosco: «Proprio tutti? Non ci metterei la mano sul fuoco…Comunque non è questo il punto della mia domanda. Pensi che la risposta sia vera sempre?».
Lucio: «Certamente! Né un grado in più né un grado in meno».
Fosco: «Ed invece ti sbagli perché la risposta è vera soltanto nella geometria euclidea. Lo sai vero a cosa mi sto riferendo? ».
Lucio: «Beh, ad essere sincero, non se sono così certo».
Fosco: «La geometria euclidea è quella che io, tu e tutti quanti abbiamo studiato a scuola e per la quale è valido il V postulato di Euclide o dell’unicità della parallela, che, nella tradizione didattica moderna, è formulato in questo modo: “Data una qualsiasi retta r ed un punto P non appartenente ad essa, è possibile tracciare per P una ed una sola retta parallela alla retta r data.”
Mi auguro che te ne sia rimasto il ricordo in qualche cassettino della memoria.
Comunque sorvoliamo!
Pensa che, se ipotizzassimo di non poter tracciare nessuna parallela alla retta data oppure al contrario di poterne tracciare infinite, invalidando il V postulato, la geometria euclidea verrebbe meno e non esisterebbero più né quadrati e né rettangoli!».
Lucio: «Non ci posso proprio credere! Mi stai prendendo in giro. A chi mai verrebbe in testa una cosa del genere? Niente quadrati e niente rettangoli. Ma stiamo scherzando?».
Fosco: «Niente affatto! L’idea è venuta in testa ai matematici, eccome! Dopo uno sbattimento di testa, è il caso di dirlo, durato quasi due millenni, con l’assunzione delle due ipotesi alternative, che ho prima citato, sono nate due geometrie non euclidee: la geometria ellittica, sviluppata da Riemann, e la geometria iperbolica, sviluppata da Bolyai e Lobachevsky».
Lucio: «Mi stai dicendo che il signor Riemann un bel giorno si è svegliato decidendo di negare il V postulato e assumendo di non far passare nessuna parallela per quel benedetto punto…et voilà è nata la geometria ellittica.
Euclide torna a casa!
In altro luogo ed altro giorno, i signori Bolyai e Lobachevsky hanno deciso anch’essi di negare il V postulato ma, giusto per fare una cosa completamente diversa da Riemann, hanno avuto la bella pensata di farne passare infinite di rette parallele. Perché accontentarsi di una sola? E così non poteva venirne fuori che qualcosa di iperbolico! La geometria iperbolica, appunto!».
Fosco: «Beh, non è andata come l’hai raccontata tu, ma la sostanza rimane tutto sommato la stessa: cambiando i postulati di partenza si ottengono due geometrie diverse da quella euclidea. Le proprietà vere in questa non lo sono per le altre due e viceversa. 
E di esempi riguardanti differenti aree della matematica potrei portartene diversi, ma penso che il succo del mio discorso sia chiaro, vero?

In conclusione, la verità in matematica non è assoluta ma relativa! Comunque, sempre di verità si tratta…altro che inganni!».

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