Matematicamente

sabato 9 gennaio 2010

A Scuola, Per Non Perdere Nessuno: Ascoltiamo La Voce Dei Ragazzi...(1° parte)

perdere_nessunoAd ogni tentativo di cambiamento (riforma?) dello status quo scolastico, che sia esso dovuto ad un intervento della destra o della sinistra  o di qualunque altra direzione politica, direzioni alquanto confuse in verità, si riaccende immancabilmente il dibattito intorno alle “cose” della scuola. Così si assiste, in rete, a interminabili  discussioni, in cui il tema può vertere ora sui  “nativi digitali”, ora su come si apprende, ora sulle metodologie didattiche, ora sul ruolo degli insegnanti, e via dicendo.



Tali discussioni, devo essere sincera, ormai mi annoiano un po’ perché alla fine risultano degli interminabili discorsi in cui ogni attore esprime il punto di vista personale, per carità apprezzabile, ma manca alla fine un riscontro fondamentale: il punto di vista degli apprendenti, i ragazzi, gli alunni insomma.

Fare l’insegnante, anche se i luoghi comuni lo dipingono  come “quello che si fa tre mesi di vacanza” (che cosa chiedono di più?), o “quello che lavora mezza giornata”..., è faticoso.  Sissignori è faticoso!

Questo mestiere comporta una fatica fisica e psichica notevoli. Non si stacca mai, perché insegnare comporta la presa in carico di ognuno dei singoli alunni che ci vengono affidati, intesa come azione educativa, un processo che dura senza soluzione di continuità attraverso i cicli scolastici, e che ci porta a seguire i ragazzi giorno dopo giorno in un percorso complesso e delicato.

Insegnanti si diventa giorno dopo giorno con fatica. Non esistono vie regine: il mestiere si apprende dal confronto con il soggetto principe: l’alunno. Tutto il resto è chiacchera, più o meno forbita, ma chiacchera resta!

Non sto qui a elencare quali dovrebbero essere le prerogative o le caratteristiche vincenti dell’insegnante modello, o presunto tale, perché è facile trovarle in un qualsiasi trattatello a ciò dedicato. Quello che porterò è la mia testimonianza, che, essendo personale, può essere o meno condivisa, ma quella è!

Quando iniziai la mia carriera scolastica e mi ritrovai, da supplente per sei ore settimanali, a 23 anni,  in una classe di “scalmanati”, come erano appellati i ragazzi difficili di una terza media, nella città vecchia di Gallipoli, avevo due possibilità:

rinunciare a quel mestiere da subito per percorrere un’altra strada, o raccogliere la sfida educativa che quei cinquanta occhi incuriositi, e fissi su di me, proponevano.

Guardando quegli occhi, optai per la seconda possibilità e quella sfida ancora continua.
Sono stata sempre dalla loro parte, e non crediate che sia un tipo materno-zuccheroso! Stare dalla parte dei ragazzi significa calarsi sul loro piano di sentire/pensare/comunicare...una cosa non facile, ma possibile, assolutamente possibile.
Il piano relazionale-comunicativo è fondamentale: i ragazzi percepiscono subito se si è sinceramente interessati a loro, e sono disposti ad ascoltare, anzi hanno fame di ascoltare e di entrare in sintonia con l’adulto, in questo caso docente.

Ho subito pensato che da insegnante non avrei dovuto ricalcare quei modelli che, da studentessa, avevo disprezzato, o, peggio ancora, odiato. Sono stata una  scolara che apprendeva con facilità e riusciva bene in ogni disciplina! Penserete che non  abbia avuto problemi...e invece no! Leggete qui (e seguite i diversi link proposti nel post segnalato). Ho avuto insegnanti meravigliosi e altri che ne portavano soltanto  l’appellativo.

In questi anni del passaggio da studentessa a insegnante, il modo di proporsi  della scuola non è sostanzialmente cambiato, nonostante stiamo cavalcando l'era della rivoluzione tecnologica. Le nuove tecnologie possono, infatti, offrire un valore aggiunto soltanto se utilizzate con consapevolezza. Ma la stessa cosa vale quando si utilizza un testo piuttosto che un altro, oppure strumenti diversi, che non siano “tecnologici”.

Il bravo insegnante
rimane tale sia con la tecnologia che senza di essa, come pure colui che bravo insegnante non è. Naturalmente gli strumenti del web 2.0 possono diventare mezzi potenti, a favore dell’apprendimento, in mano a chi li sa gestire con consapevolezza. Il punto è qui. Non occorre né sopravvalutare né demonizzare tali strumenti.

I nostri ragazzi vivono in questa epoca, è inutile rincorrere il sogno di una scuola passata, che in realtà sogno non era. Caliamoci nella realtà e prendiamo atto di ciò. [Continua alla prossima puntata, con le testimonianze degli alunni]

30 commenti:

  1. Premessa condivisibile pienamente, soprattutto quando sottolinei che i ragazzi hanno le antenne per capire se se davvero interessato/a a loro. Un bravo insegnante può conoscere tutte le novità didattiche, gli aggiornamenti disciplinari e metodologici, tutte le più avanzate teorie dell'apprendimento, ma per prima cosa è un educatore, una persona che lavora con altre persone. Senza questa dimensione umana la scuola sarebbe un imbuto per conoscenze e abilità, ma fallirebbe nel suo scopo principale di formare cittadini preparati e consapevoli, insomma il futuro della.nostra società. Ciao.
    Popinga

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  2. Ricco articolo pieno di stimoli, ma ancor più pieno di verità vissute. 
    C'è una cosa che mi rattrista: persone, giornalisti, blogger, gente comune che scrive senza conoscere a fondo il problema scuola, senza averlo vissuto o viverlo nella propria carne, che scrivono solo per sentito dire, che scrivono facendo copia-incolla. Gli italiani sono buoni opinionisti, ma quando si deve concretizzare un qualcosa... 
    E il tuo post è uno di quelli che dovrebbero assaporare in molti, che dovrebbero tener presente, perché è vita vissuta, è la vita scolastica raccontata da un'insegnante con anni e anni d'esperienza.

    Buon sabato.
    Rino.

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  3. Annarita, le tue sono parole di buon senso che, però, sembrano ispirate da qualche recente delusione (o arrabbiatura). Tu, tra tutti i problemi che puoi incontrare, hai una grande fortuna che è la tua classe e che nessuno ti può togliere. 

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  4. Non credo siano considerazione dettate da arrabbiature estemporanee, Peppe. Vero, abbiamo i nostri alunni. È triste tuttavia una società che non "riconosce" il lavoro dell'insegnante, non lo supporta e lascia soli gli insegnanti nel loro compito educativo. Triste quel paese che ha bsogno di eroi o una cosa del genere.
    Un saluto caro.
    r.

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  5. Inizio da Renata, che, essendo una  insegnante di comprovata esperienza e sensibilità,  ha colto perfettamente lo stato d'animo che ha generato il post.

    Non è una arrabbiatura estemporanea, Beppe. Io sono arrabbiata da quando ho iniziato a fare l'insegnante. Un'arrabbiatura non sterile, sia inteso, un'arrabbiatura che mi porta a rimboccarmi le maniche un giorno dietro l'altro per dare sempre qualcosa in più.

    Ma mi sento sola, insieme ad altri colleghi motivati, come un don chisciotte che lotta contro i mulini al  vento dell'ipocrisia, del disinteresse ( o di interessi altri) e del disimpegno.

    Se non ci fossero loro, i miei ragazzi, non avrei esitato anni addietro a optare per fare altro nella mia vita.

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  6. Pop, hai colto perfettamente il nucleo, e cioè la dimensione umano-relazionale, "il nostro essere educatori".

    Intuivo che fossi un insegnante vero. Grazie: ce n'è bisogno.

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  7. Gli italiani sono buoni opinionisti, ma quando si deve concretizzare un qualcosa...

    Ecco, Rino, qual è uno degli aspetti che mi annoia nelle succitate discussioni che circolano in rete....

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  8. Non sei sola! (manine ai fianchi e sguardo severo)

    guarda quante persone ti leggono. Cosa pensi che cerchino qua? E se cercano qua è perchè vogliono migliorarsi.

    La tua classe è come il sacchetto di biglie nel film "hook" è il pensiero felice che ti fa andare avanti.

    I visitatori sono la prova concreta che non sei sola.

    E poi, ci sono anche io. Sul mio blog hai scritto che per la prima volta ti ritrovi completamente in quello che scrive un collega. E' stato qualcosa che mi sono impressa a fuoco, tanto ne vado fiera. L'ho fatto leggere pure alla mamma (non sto scherzando). Ho detto guarda, Lei, Annarita, che scrive didattica, che è un mito, ha scritto questo di me.

    E come me tanti altri...che magari non hai occasione di leggere perchè sei tanto occupata. Ma ci sono.

    ti abbraccio forte.

    Elena

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  9. Elena, circa l'arrabbiatura, ho precisato in un precedente commento. Non si tratta di arrabbiatura estemporanea, quindi. Accantoniamo questo elemento che non c'è.

    Non ho asserito che le discussioni in rete siano sempre inutili, né ho generalizzato che possa essere così per altri. Penso che la rete abbia la sua utilità e offra occasioni costruttive, altrimenti non ci starei dentro.

    Ho espresso il mio punto di vista, dopo anni di partecipazione a discussioni, che hanno fornito occasioni di dibattito e di scambi di esperienze sì, ma non posso nascondere che oggi mi annoiano un po', perché non riesco a non annoiarmi quando leggo disquisizioni di esperti, o presunti tali tali, che non hanno mai condiviso la vita di classe, a contatto con alunni reali e non ideali,  neanche per un'ora.

    Chi, come te, è agli inizi, ha un punto di vista differente rispetto a tale materia, quindi fai bene a percorrere la tua strada.



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  10. 1) tutti i docenti che ho conosciuto in questi anni di lavoro  sono perennemente incazzati (diciamo la parola giusta) . I motivi li conosciamo tutti noi, che frequantiamo questo angolo di rete, molto bene. Nel tuo caso ho parlato di arrabbiatura recente NON estemporanea !
    2) il lavoro è duro, lo stipendio è misero, le poche soddisfazioni possono venire dal rapporto con gli allievi (e qualche collega).
    3) gli "esperti" sono ex dirigenti/dipendenti del ministero per lo più rintronati che ripetono a cantilena quello che hanno scritto nelle slides. Quando sono professori universitari è ancora peggio. I "corsi di formazione" sono al 98% una perdita di tempo.
    4) la dimensione umana non si apprende
    5) l'autorevolezza si guadagna 
    In Università, per fare un altro esempio, la qualità della didattica conta zero (e non mi si raccontino frottole di segno opposto) e nessuna carriera è andata avanti per meriti didattici. Dimensione umana zero, autorevolezza sempre meno. La butto sul personale: Io sono pieno di continui attestati di stima di ex allievi , ex-colleghi ed ex-amici ma non so più che farmene.

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  11. secondo me un vero insegnante ...entra in sintonia con i propri alunni ...li ascolta ...li invoglia a fare sempre meglio ..li aiuta nel loro percorso quotidiano.. li ama ..li segue .....non stacca mai neanche a casa sua dove continua a far lavorare la mente per presentare una lezione e cercare il modo migliore  per coinvolgere gli alunni e renderli partecipi  attivi ...il vero insegnante chi è ? difficile da definire ...ciò  di cui sopra è ciò che cerco di fare io ed è ciò che  tantissimi altri insegnati innamorati del propiro lavoro fanno con convinzione  e dedizione ...che cercano sempre di imparare  per entrare in possesso di nuovi strumenti  più efficaci e che aiutino a rendere più agevole il percorso di ciscun allievo  , specie dei ragazzi in difficoltà...si impara giorno per giorno anche sbagliando,  ma si è sempre disponibili a mettersi indiscussione e a rivedere il proprio modo di lavorare ...e poi se si è bravi o si è stati bravi ...lo diranno loro un domani...
    ....una certa amarezza la noto anch'io ..ma il nostro mestire è fatto anche di amarezze e delusioni ..proprio perchè..ci impegniamo e vorremmo che ci venisse riconosciuta almeno una parte dei sacrifici che facciamo...anche se nonostante delusioni continuiamo imperterriti a fare del nostro meglio..
    bacioni annarita...ti sento in sintonia e vicina ...prima di tutto loro con i loro problemi e con la loro dimensione personale ...e il resto si integrerà benissimo  ...anche con le nuove tecnologie
    elisa

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  12. Cara Annarita, ciò che anima una professione e la rende palpitante e pronta ad affrontare qualunque percorso è "la Passione", c'è chi ce l'ha e chi non la possiede e lo fa solo perchè deve lavorare. Tu sei un'insegnante che esercita il lavoro con passione e si sente: i ragazzi ti ascoltano, ti seguono, ti vogliono bene perchè sai arrivare alla loro mente con amore. Ti faccio un esempio, una mia esperienza personale. Io scrivo, amo l'italiano, passo giorni a riflettere, a cogliere spunti che movimentano le pagine bianche e tutto questo mi appaga, ebbene questa mia passione è venuta fuori solo con l'insegnante delle superiori, quella professoressa di lettere, che porto ancora nel cuore, mi fece innamorare della sua materia: lei spiegava con passione, sapeva come catturare la classe. E così sei tu: sai come coinvolgere; non sono in classe con te, ma ti apprezzo qui sul blog, la tua passione è tangibile anche in rete. Se l'insegnamento venisse fatto come una missione, avremmo alunni interessanti e amanti di ogni disciplina.
    Buon proseguimento.

    un caro abbraccio
    annamaria 

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  13. Ho pigiato troppo in fretta, scusa.
    In ultimo dico che qualunque difficoltà scompare quando la classe ti è riconoscente, come per tutti i lavori, sapere di fare bene gratifica, tutto il resto non conta. Tu lasci semi che germoglieranno.
    annamaria*

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  14. Che aggiungere Annarita? hai espresso proprio tutto ciò che deve essere un in-segnante...colui che lascia i segni nell'anima di chi lo segue...colui che deve preoccuparsi non di ciò che fa ma di ciò che lui è...che sa entrare nello spirito dei suoi alunni, sa soffrire con loro, gioire con loro, ribellarsi con loro....trovare mediazioni con loro....è già perchè l'insegnante è uno strumento nelle mani dello studente...più lo strumento è adeguato, migliore sarà il risultato dell'apprendimento e della crescita...
    Ed allora dobbiamo dire come don Milani che il vero problema che la scuola ha è "gli alunni che perde per strada".
    Un insegnante che impara in continuazione...in tensione continua per migliorare la conoscenza della disciplina ma soprattutto dell'altro, per riuscire a stabilire relazioni empatiche che permettanto un rapporto paritario con gli allievi, che rispetti i loro diritti e li responsabilizzi nei loro doveri.
    La tua storia Annarita è unica ma anche comune a tanti di noi che sono sempre alla ricerca di una scuola in cui gli alunni collaborino alla costruzione del proprio apprendimento, ed ora sì...forse sono aiutati dalle nuove tecnologie...che sono strumenti, mezzi, non il fine...perchè il fine rimane sempre quello alto, altissimo, della crescita della persona....
    "L'insegnante li consiglia, li guida. E, quindi, l'insegnante deve abituarsi all'idea di rispettare gli alunni in quanto persone che imparano, di riconoscere che essi producono le loro stesse conoscenze, che la vecchia aspirazione che molti pedagoghi avevano avuto che i ragazzi possano imparare sperimentalmente facendo cose che per loro sono veramente importanti, alla fine, possiamo immaginare di realizzarla in questo modo. Questo discorso riguarda le vecchie concezioni ben radicate su come vorremmo che i ragazzi imparassero, e la tecnologia rende possibile la realizzazione dei sogni dei vecchi pedagoghi." Seymour Papert
    Continuiamo così Annarita con i sogni dei vecchi pedagoghi negli occhi e nel cuore...
    Buonissima domenica!
    france

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  15. C'è un bellissimo blog (lo scorfano) che tace purtroppo da parecchio tempo e che racconta la vita scolastica quotidiana vista con gli occhi e l'esperienza di un docente di lettere della secondaria. Leggetelo, i post sono tutti molto belli. Uno mi cita e, in una botta di vanità, ve lo consiglio: "prometto che leggerò bene le opere di sallustio". La tesi, nota ma mai ricordata a sufficienza,  è che la passione nasce dalla conoscenza.
    Peppe ('che nell'ultimo commento nervoso non mi sono firmato)

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  16. rosy. Ho sempre creduto nell'insegnamento e negli insegnanti, perchè ho sempre rispettato gli insegnanti e la cultura.
    Ogni paese civile, ha il dovere di apprezzare il lavoro che fate voi insegnanti, la storia dei tre mesi di vacanze, è vecchia, si tira fuori quando non si cosa dire.
    Gli insegnanti italiani sono i peggio pagati e questo lo sappiamo tutti.
    hai fatto molto bene, a scrivere questo post, solo chi è cosciente di svolgere bene il suo lavoro può permettersi di parlare.
    La scuola, dopo la famiglia è fondamentale per i ragazzi, l'una e l'altra preparono gli uomini di domani, credo che questa nostra civiltà abbia proprio bisogno di menti preparate.

    Parlando di te, non posso che complimentarmi per il lavoro che svolgi e non contenta, ti sei aperto un blog di Matematica, tutto questo lavoro in più che fai lo fai perchè  ami  il tuo lavoro e ai tuoi alunni vuoi dare il massimo di te.
    Da quando ti conosco, non posso che dirti grazie per tutto quello che farai per i tuoi alunni, il grazie di una cittadina che vede e segue il tuo impegno e come te tante ce ne sono
    I tempi sono cambiati,  la scuola resta sempre la stessa e se qualcosa si muovo e grazie ad insegnanti come te.
    Ti sono accanto e lo sai che iniziando dai tuoi alunni, tutti ti apprezziamo.
    Continua cosi, il mondo cambia grazie ai coraggiosi che credono in quello che fanno, guai se non ci fossero persone con la voglia di cambiare.  Una scuola che non si evolve, non avrà mai un popolo preparato.
    Con stima alla professoressa Annarita Ruberto.

    All'amica Annarita un bacio grande, come il tuo post.
    Buona Domenica.




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  17. Elisa, siamo sicuramente in sintonia. Ciò che hai espresso nel commento è sacrosanto, non potrebbe essere diversamente. Tutti gli insegnanti che si sentono tali lo sanno perfettamente che è così.

    Sei una docente attenta, sensibile, e capace, che non lesina nulla di sé per educare i suoi alunni, i quali sono veramente fortunati ad averti come guida.

    Grazie della tua testimonianza.
    Un caro saluto.

    RispondiElimina
  18. Cara Annamaria, hai toccato un tasto fondamentale. Il professore Zanarini, grande fisico (Forse tu Peppe lo conosci. Ha tenuto lo scorso maggio un seminario all'Università della Calabria) e docente straordinario, asseriva in un convegno a Bologna, nel 2000, che la passione è alla base del mestiere di insegnante.

    Senza questo elemento, non si può continuamente approfondire la base disciplinare per distillarne i contenuti fondanti da proporre ai ragazzi.

    Grazie di averlo ricordato.

    Un abbraccio.

    RispondiElimina
  19. France, ci conosciamo da tempo oramai e siamo in sintonia su quello che è l'essenza dell'educare. Sei una docente appassionata e lo dimostri con le attività che proponi e con la tua voglia di migliorarti per loro, gli alunni, continuando a studiare giorno dopo giorno.

    Seguite il link che ha proposto nel commento.

    Ed allora dobbiamo dire come don Milani che il vero problema che la scuola ha è "gli alunni che perde per strada".

    L'insegnamento di Don Milani è attuale più che mai.

    Grazie del costruttivo apporto.

    Buona domenica anche a te.
    annarita

    RispondiElimina
  20. Peppe, conosco bene il blog de "Lo scorfano", ma non avevo letto il post che hai segnalato.

    Sono d'accordo sulla necessità delle basi disciplinari. Senza la competenza disciplinare non c'è storia. Non si può svolgere il mestiere di insegnante. La conoscenza disciplinare è l'alfabeto con cui si costruiscono i discorsi sulla conoscenza. Parallelamente a questa, è necessaria la competenza relazionale e affettivo-empatica. Conoscenza disciplinare + passione sono un binomio inscindibile, i cui elementi  si alimentano reciprocamente.

    Non si potrà mai fa apprezzare agli alunni Dante e Petrarca, il pensiero di Newton, o la bellezza della Matematica, se non li si ama in prima persona e non si è speso, e si continua a spendere, molto del proprio tempo a studiare e ad approfondire.

    Persone come te, Renata, Elena, Elisa, France, Pop, e tanti altri bravi docenti, questa verità la conoscono bene.

    Con questi docenti, voglio confrontarmi perché in questo tipo di docenti io credo.

    Vi ringrazio tutti  per aver alimentato una costruttiva discussione.

    annarita


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  21. Rosaria, hai espresso due concetti profondi:

    1. la scuola, dopo la famiglia è fondamentale per i ragazzi, l'una e l'altra preparono gli uomini di domani, credo che questa nostra civiltà abbia proprio bisogno di menti preparate.

    2. Una scuola che non si evolve, non avrà mai un popolo preparato.


    Sono verità sacrosante, che dovrebbero essere chiare a tutti gli adulti che formano una società civile.

    Grazie del tuo apporto alla discussione, della tua vicinanza, e del tuo sostegno.

    Un bacione.
    annarita

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  22. Devo dire, Annarì, che mi sono perfettamente rispecchiato in quanto dici nel post, che quindi condivido in pieno, anche adesso che, avendo lasciato la scuola da ormai oltre tre anni, mi trovo immerso in uno stato d'animo più distaccato nei confronti del normale e precedente vissuto di docente. Del quale rimpiango unicamente (mi spiace dirlo, ma è così) il rapporto con gli alunni, non certo quello con la scuola intesa come istituzione, con tutto il suo ambaradan di ipocrisia, vuotaggine parolaia, demente burocrazia... e via infierendo. E' anche per questo che, entrato (controvoglia e tirato per i capelli) nel mondo Facebook, la prima cosa che ho fatto è stata la creazione del gruppo dei miei ex-alunni...
    Grazie di esistere, Annarì!

    R. M.

    RispondiElimina
  23. Renatone, so benissimo che sei stato un insegnante che ha sempre mirato all'essenza del fare scuola. Queste tue parole me ne danno l'ennesima conferma.

    Ti ringrazio della preziosa testimonianza.

    Un salutone.
    annarita

    RispondiElimina
  24. Ecco, cara Annarita, riallacciandomi al mio commento su "Karl Raimund Popper: Scienza e Filosofia" su Scientificando, oggi tutti i tuoi amici qui convenuti, costatano le profonde orme da te lasciate insieme ai tuoi scolari. Come di un elefante, appunto, e dei suoi elefantini. Un elefante ferito da cacciatori spietati per ricavare avorio dalle sue zanne. Giusto la metafora rilasciata dalle storico Paolo Rossi da me citato. Nel senso che le tue sacrosante lamentele, sullo stato precario delle istituzioni scolastiche, sono "orme di elefanti" che stanno per scomparire dalla vista di chi potrebbe porvi riparo.
    Passerà del tempo e questi cercheranno di ricostruire elefanti elusivi, ormai andati via, partendo dalle orme che hanno lasciato, fra le quali le tue.

    Ci riusciranno? Lo storico Rossi era pessimista nella risposta a questa domanda che la interpretava in modo storico, naturalmente.
    "Se uno consacra la sua vita ad una ricerca di questo tipo - egli conclude - e decide di passare la maggior parte del suo tempo in compagnie di persone che non ci sono più e di pagine scritte molti secoli or sono, non ne ricava certo grandi sicurezze, né un senso di completezza e neppure la sensazione di sapere con certezza "che cosa" stia cercando.

    E tu, Annarita, nel frattempo? Vale la conclusione della tua triste poesia "Il sapore di neve".

    Ho voglia
    di sentire
    il sapore
    della neve.

    Lasciatemi
    nel silenzio
    del mio
    cantuccio

    a ritrovare
    il ricordo
    della favola
    antica.

    Bene hai detto, in risposta al mio commento che coglieva il tuo stato di incertezza: la forza della vita e della speranza, alla fine, emergono prepotenti.
    Domani è un altro giorno, io aggiungo.

    Un salutone Gaetano

    RispondiElimina
  25. Mi ritrovo perfettamente con ciò che scrivi e racconti cara Annarita. Si promuove e si sollecita costruzione del sapere con mente e cuore. Non uso più la parola trasmissione del sapere. Era errato prima e lo è a maggior ragione oggi in tempi di web 2.0 che non è solo utilizzare internet ma un modo nuovo di rapportarsi alla conoscenza: tutti  possiamo partecipare nel costruirla a pari merito, compresi gli alunni.

    Ho costruito il mio "curriculum metodologico" di insegnante negli anni anche sbagliando, partendo sempre da loro: dagli alunni. Mi sono interessata prima ditutto a "come" apprendono e a cosa fa scattare la molla dell'apprendimento. non c'è voluto molto a comprendere che gli studenti, come ieri, apprendono se ti interessi a loro, come dici tu quando c'è la passione, se l'insegnante crede in ciò che fa e si prende in carico gli studenti interessandosi alla loro "sorte" culturale.

    Anche l'insegnante più preparato perfino metodologicamente, è un regista inutile se non ha per i suoi alunni una visione, un aspettativa. Se non coltiva il sogno e l'idea che quelli alunni percorreranno le stade della vita migliorandosi e tracciandone delle nuove. Questo è per me il sentire principe che fa  scaturire il rapporto  che genera partecipazione e apprendimento. Questo è' un argomento al quale sto lavorando e che approfondirò nel mio blog.

    Grazie Annarita per la sollecitazione, credo che dovremo tenere sempre vivo questo dibattito, ma mi rendo che dentro la scuola non è possibile e che persone come te e i commentatori del tuo blog siano spesso persone che si rimboccano le maniche e sperimentano da soli. Un pò come faccio io. Al primo posto ho messo lo stare bene nelle mie classi. Ed è già un primo passo

    Un bacio grande

    RispondiElimina
  26. Cara Rosalba, ti ringrazio di aver espresso il tuo punto di vista, arricchendo il dibattito con la testimonianza della tua personale esperienza.

    Un abbraccio.
    annarita

    RispondiElimina
  27.  Un successone questo post. Hai toccato le corde giuste.
    Ciao, peppe

    RispondiElimina
  28. cara prof,
    era questo che ci diceva oggi?
    Quello che ha scritto è molto bello e aspetto con impazienza il prossimo con le testimonianze degli alunni.

    BACI LETY N

    PS:ma le testimonianze sono quelle risposte che abbiamo fatto oggi?

    RispondiElimina
  29. Cara Annarita,
    ti faccio eco: fare l'insegnante è molto faticoso ma, fortunatamente,  gratificante... anche se non sempre nell'immediato!
    Il rapporto 1 a 24 o 26 con ragazzi di 11-13 anni richiede livelli di competenza notevoli, autocontrollo e sensibilità, senza trascurare le capacità organizzative e gestionali del gruppo.
    Nel nostro rapporto con i ragazzi  mettiamo in gioco, ogni giorno, tutto il nostro modo di essere non solo insegnanti ma comunicatori, persone...
    Ricordo ancora il mio primo giorno di supplenza, l'emozione mi aveva regalato una notte insonne... ma poi tutto divenne facile, l'espressione di benevola curiosità negli sguardi dei ragazzi mi rassicurò e, non so ancora come, fu amore a prima vista... con loro e con quello che è diventato poi il mio lavoro!
    Come hai detto, i ragazzi hanno le antenne e "sentono" il distacco, le incertezze o l'empatia del docente. 
    L'uso delle nuove tecnologie ha ampliato notevolmente le opportunità di apprendimento ma trova ancora molta resistenza da parte di chi si ostina a demonizzarli senza conoscerne le reali potenzialità. 
    Io sono favorevole all'uso ragionato, anche perché bisogna fare i conti con la realtà, quante scuole dispongono di postazioni di lavoro da utilizzare con regolarità?

    Leggerò con interesse il prossimo post

    A presto.
    Anna Righeblu

    RispondiElimina
  30. Cara Anna, ti ringrazio di aver lasciato la tua preziosa testimonianza!

    La voce ai ragazzi, questo fine settimana, se riesco as postare.

    Un bacione e a presto.
    annarita

    RispondiElimina

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