Matematicamente

lunedì 12 gennaio 2009

György Pólya

polya


Cari ragazzi e cari lettori, segnalo un post di Mauro Piadi sul grande Polya.


Scrive Mauro:


György Pólya, noto come George (Budapest, 13 dicembre 1887 - Palo Alto, 7 settembre 1985), è stato un matematico svizzero-statunitense di origine ungherese.


Da giovane non è interessato alla matematica, e i suoi voti sono appena sufficienti. È strano che una persona che spenderà la sua vita in tanti e diversi rami della matematica non ne sia rimasto affascinato ai tempi della scuola. La ragione si può attribuire al metodo con il quale gli viene impartito l'insegnamento: due dei tre insegnanti di matematica che ha avuto al ginnasio vengono da lui stesso definiti despicable (spregevoli).


Nel 1905 entra all'università; dapprima si iscrive a giurisprudenza, poi a lingua e letteratura, quindi a filosofia e, su consiglio di un professore, segue alcuni corsi di matematica e fisica. Alla fine decide di intraprendere la carriera di matematico, pensando di non essere abbastanza bravo per la fisica e di esserlo troppo per la filosofia.



Si laurea in matematica nel 1912 e si dedica subito all'insegnamento, vagando per diverse università europee. Allo scoppio della I guerra mondiale si trova a Zurigo e, essendo pacifista, si rifiuta di tornare in patria per essere arruolato (verrà considerato disertore dalle autorità ungheresi fino alla sua morte). Sposando una cittadina svizzera ottiene la nazionalità elvetica. Negli anni tra le due guerre continua a vagabondare per l'Europa. All'avvento del nazismo, temendo per la propria sorte in Europa (è di origine ebraica), decide di emigrare negli Stati uniti.


Nel 1953 lascia l'insegnamento, ma continua a occuparsi di didattica e di educazione matematica. Tra i suoi libri, quello di cui andò più fiero è How to solve it, tradotto in decine di lingue e pubblicato in milioni di esemplari. È difficile trovare un testo di euristica moderna che non vi faccia riferimento. La tecnica del problem solving, ancora oggi oggetto di studi e di applicazioni, è entrata nella pratica comune dell'insegnamento della matematica.


Il testo è una raccolta di note didattiche, a volte leggere e umoristiche, a volte profonde e serie, presentate in una sorta di zibaldone ricco di osservazioni, consigli, esempi visti dalla parte dell'insegnante e degli studenti. Lo stile è un po' retorico e didascalico, tipica della metà novecento, ma la metodologia e la pratica didattica proposte sono invece sorprendentemente in anticipo sui tempi.


Per esempio, ecco, secondo Pólya, le quattro fasi della risoluzione di ogni tipo di problema:


1. Si deve comprendere il problema; è necessario capire chiaramente cosa viene richiesto.
2. Si devono scoprire i legami che intercorrono tra le diverse informazioni, fra ciò che si cerca e i dati, per rendersi conto del tipo di risoluzione e compilare un piano conveniente.
3. Si procede allo sviluppo del piano.
4. Bisogna esaminare attentamente il risultato ottenuto e procedere alla sua verifica e discussione.


Continuate a leggere il post originale.


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8 commenti:

  1. A>vevo letto e commentato questo post e Mauro non mi sorprende più oramai. Ciao prof.

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  2. Hai proprio ragione, Enzo. Salutoni.

    Annarita

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  3. Gran bel personaggio, Pòlya.


    Grazie a Mauro per l'interessante post e grazie a te, Annarita, per averlo segnalato.


    Bacioni, Arte.

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  4. Indubbiamente, Artemisia!


    E' un piacere ospitare gli articoli di Mauro.


    Salutoni:)

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  5. Interessante post. Ho letto qualcosa di Polya soprattutto occupandomi di gestione di risorse umane dove il sistema del ''problem solving'' e' molto utilizzato. Questo aspetto mi riporta ad uno dei tuoi precedenti post nel quale segnalavi l' utilizzo della matematica nella soluzione di problemi pratici.

    Al problem solver strategico non interessa conoscere le verità profonde e il perché delle cose, ma solo "come" farle funzionare nel miglior modo possibile. La sua prima preoccupazione è quella di adattare le proprie conoscenze alle "realtà" parziali che si trova di volta in volta ad affrontare, mettendo a punto strategie fondate sugli obiettivi da raggiungere e in grado di adattarsi, passo dopo passo, all'evolversi della "realtà".


    Abbandonando la rassicurante tesi positivista di una conoscenza "scientificamente vera" della realtà, nell'intervento strategico ci si preoccupa infatti di individuare i modi più "funzionali" di conoscere e agire, ovvero di aumentare la "consapevolezza operativa".


    Aumentare la propria consapevolezza operativa significa quindi lasciare in secondo piano la ricerca delle cause degli eventi per concentrarsi sullo sviluppo di una sempre maggiore capacità di gestire strategicamente la realtà che ci circonda in modo da raggiungere i propri obiettivi.


    In base a quanto detto, la domanda del "perché" verrà sostituita con quella del "come funziona". Chiedendosi "come funziona" una data situazione, infatti, si evita di andare alla ricerca dei "colpevoli", focalizzandosi, invece, sulle modalità che determinano la persistenza di un determinato equilibrio e su come questo possa essere modificato. Questo significa orientare l'osservazione sulla persistenza di un problema piuttosto che sulla sua formazione. Perché è sulla persistenza di un problema che si può intervenire, e non sulla sua precedente formazione. Chiedersi "come funziona" orienta l'indagine in direzione della ricerca del cambiamento nel presente, mentre domandarsi "perché" conduce a ricercare le spiegazioni in un passato che non può comunque essere cambiato.

    Il problem solving matematico non si differenzia molto da quello impiegato nella soluzione dei problemi delle aziende e soprattutto nella soluzione dei problemi nella gestione delle risorse umane.

    Grazie a Mauro e grazie a te.

    Vale

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  6. Davvero interessante e singolare quersto personaggio. ma ancora più interessante senz'altro sono i suggeirmenti tanto attuali che ormai fanno parte della pratica quotidiana .

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  7. Sono d'accordo con te, Pier Luigi. Anch'io mi sono interessata di Gestione delle risorse umane in un master che ho seguito due anni fa con l'UNI TUSCIA.


    vale

    annarita

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