domenica 6 dicembre 2009

Storie Di Numeri Di Tanto Tempo Fa - Capitolo 2

ebookcasconeCari ragazzi e cari lettori, la scorsa settimana non ho pubblicato il secondo capitolo perché impegnata in altre onerose attività. Provvedo a colmare la lacuna con questo post, e, se riesco a farcela, pubblico a ruota anche il terzo capitolo. Buona lettura!










STORIE

DI NUMERI
DI TANTO TEMPO FA


di David Eugene Smith



(Traduzione di Anna Cascone)



CAPITOLO II


Come Ahmes, Lugal e Chang scrivevano i numeri



«Solo una storiellina» mormorò Burlona.
«Non una parola» disse il Cantastorie.
«Abbiamo compilato la Sezione Domande» disse Maude.
«Solo una» supplicò Gertrude.
«Metterò un altro ceppo» disse Charles.
«Ce ne staremo buoni» disse Fanny.
«Beh, solo una, ma deve essere breve» commentò quello dallo strano libro.
«Di cosa parla la storia?» chiese George.
«Parla» rispose il Cantastorie, «di Ahmes, Lugal e Chang e del modo in cui scrivevano i numeri.»
Questo, dunque, è ciò che il Cantastorie raccontò di questi ragazzi vissuti tanto tempo fa.

Molti secoli dopo che l’ultimo dei giovani Ching aveva imparato a contare a dieci per volta, viveva sulle rive del Hwangho o fiume Giallo un vasaio i cui piatti e le cui tazze erano noti in tutto lo Shantung come il meglio che si potesse trovare in quella grande provincia.
Un giorno Chang osservò suo padre scrivere con un pennello su una foglia di palma dei segni che rappresentavano quante tazze c’erano in cima alla mensola del suo laboratorio.

Chang aveva imparato a contare le tazze ma sapeva scrivere dieci solo facendo dieci segni. Quindi disse a suo padre, «voglio imparare a scrivere i numeri come fai tu
Allora suo padre prese il pennello, lo bagnò, lo strofinò su una piccola tavoletta di vernice nera e dipinse degli strani simboli su una foglia di palma. Questi simboli non somigliavano affatto ai nostri perché il padre di Chang non sapeva scrivere i numeri come li scriviamo noi. In realtà nessuno a quell’epoca sapeva nulla sui numeri.
Mentre Chang imparava i simboli cinesi sulle rive del fiume Giallo, un altro ragazzo imparava a scrivere i numeri in un paese più lontano. Il nome di questo ragazzo era Lugal e suo padre era un mercante della Mesopotamia, non lontana dal luogo in cui An-am aveva vissuto molti anni prima.

Il padre di Lugal non usava un pennello e una foglia di palma come faceva il padre di Chang. Prendeva un pezzo di argilla umida, proprio come facevate voi da bambini quando facevate le torte di fango, e su questo pezzo di argilla umida scriveva i numeri.
Tutto ciò accadeva molto prima dell’invenzione dei soldi e molto prima dell’invenzione della carta. Le poche persone che sapevano scrivere creavano le lettere comprimendo un bastoncino appuntito su pezzi di argilla umida, dopodiché l’argilla veniva fatta asciugare al sole.

Poiché i segni assomigliavano a dei piccoli cunei, essi venivano chiamati cuneiformi, termine che significa “a forma di cuneo”.
Questo non ci sembra il modo giusto per scrivere i numeri ma era l’unico che Lugal conosceva. Non esistevano libri di matematica a quei tempi e i ragazzi e le ragazze lavoravano sodo tutto il giorno nei campi o nei negozi anziché andare a scuola.
Mentre Chang e Lugal imparavano strani modi di scrivere i numeri in Cina e in Babilonia, nella valle del Nilo viveva un ragazzo di nome Ahmes. Vicino casa sua c’era un grande tempio e sulle pareti c’erano molti segni strani che lo lasciavano perplesso.
Un giorno, quando Ahmes vide un sacerdote osservare la parete del tempio, gli chiese cosa significassero quegli strani segni.
Il sacerdote rispose, «Questi sono simboli che indicano il numero di giorni nell’ultima guerra del re.»

Allora Ahmes andò a casa e chiese a suo padre di spiegargli cosa fosse il papiro e così imparò che si trattava di un tipo di carta su cui i sacerdoti in Egitto erano abituati a scrivere. Nelle epoche precedenti avevano scritto sulla pietra, sul mattone, su pezzi di ceramica ma col passare dei secoli avevano inventato qualcosa di meglio.
In Egitto esisteva una pianta acquatica che assomigliava al giunco delle nostre paludi, solo che era più grande e più alto. Scoprirono che se tagliavano questa pianta a strisce sottili, se univano queste strisce, mettevano un altro strato di traverso sul primo, le comprimevano e poi le facevano asciugare, ottenevano qualcosa su cui poter scrivere. Questo materiale assomigliava alla nostra carta abrasiva. La pianta acquatica era la canna di papiro e quindi il materiale veniva chiamato papiro.

Il papiro era costituito da strisce lunghe, larghe circa dieci pollici. Su queste strisce gli egiziani scrivevano i loro libri. Poi arrotolavano il papiro come noi arratoliamo una striscia di carta da parati. Questo è il motivo per cui si parla di rotoli di papiro e non di libri di papiro. Ahmes chiese a suo padre un pezzo di papiro, un pennello e dell’inchiostro nero, e con tutto l’occorrente si recò al tempio il mattino seguente.
Il sacerdote mostrò ad Ahmes come scrivere i numeri e gli disse, «Se dovessi scrivere ventisettemilacinquecentoventinove, scriverei un numero enorme che nessuno al mondo sentirebbe la necessità di usare.» Il sacerdote ritenne che fosse vero in quanto il mondo era ancora giovane, nessuno conosceva i soldi e nessuno pensava che avrebbe avuto bisogno di numeri grandi. Ahmes è vissuto circa quattrocento anni fa e sebbene fosse cresciuto e diventato un grande uomo e avesse scritto il libro di matematica più antico che esista, non ha mai avuto bisogno di usare numeri grandi. Il mondo era ancora troppo giovane per conoscere la matematica.

«Davvero le persone non sapevano moltiplicare e dividere?»  chiese Burlona.
«La risposta a questa domanda si trova in un’altra storia» disse il Cantastorie.
«Allora ci racconterai un’altra storia domani sera?» chiese Maude.
«Dipende dalla Sezione Domande» rispose quello dallo strano libro.
«E poi cosa succede?» chiese Herbert.
«Non c’è un poi» rispose il Cantastorie in modo vago. «Quello che chiamiamo “poi” è accaduto tanto tempo fa. C’è solo un “adesso”, e adesso è ora di andare a letto.»


SEZIONE DOMANDE

1.    Perché Chang scriveva numeri strani anziché scrivere i numeri come facciamo noi?
2.    Perché Lugal non usava lo zero e scriveva il settanta con due simboli come facciamo noi, anziché scrivere sette volte il segno moltiplicato per dieci?
3.    Che materiali usavano Chang e Lugal per scrivere? Perché non usavano la carta?
4.    Che materiali usava il sacerdote quando spiegava i numerali ad Ahmes?
5.    Di cosa era fatto il papiro e a cosa assomigliava?
6.    Che tipo di libro scrisse Ahmes quando crebbe e diventò un grande uomo?
7.    In che modo i nostri numerali sono migliori di quelli di Chang, Lugal e Ahmes?
8.    Riuscireste a fare l’addizione, la sottrazione, la moltiplicazione e la divisione con i numerali di Chang, Lugal e Ahmes? Quali difficoltà incontrereste se provaste a farlo?
9.    Perché chiamiamo i numerali usati da Lugal con un nome che significa a forma di cuneo?
10.    Quali numerali vi sembrano più semplici: quelli di Chang, Lugal o Ahmes?


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6 commenti:

  1. molto interessante anche questo capitolo non vedo l'ora di leggere il prossimo
           


                                                   asia bolognesi 1b

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  2. ASPETTANDO IL 3 CAPITOLO




                                                                 ASIA   NATASHA   

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  3. Mentre eri da me ho pubblicato il post per "Il Carnevale della Matematica"...sono riuscito anche a illustrarlo. Un salutone e, a presto, Fabio

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  4. ...il bello è che p e b nella tastiera non sono neanche vicine...in sede di commento ho riportato anche il parere di mia figlia sulla mia proverbiale sbadataggine. Un salutone, Fabio

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  5. Ciao, Teo. Grazie di essere passata di qui e di aver lasciato queste belle riflessioni.

    Un caro saluto.
    annarita

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  6. Rosy: ma guarda un po mi era sfuggito questo post
    bellissimo!
    Allora alla terza parte?
     sta matematica è strabiliante e
    pensare che prima di conoscerti non la guardava
    neanche di sfuggita.
    Un bacione.

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