Matematicamente

giovedì 21 gennaio 2016

Il Paradosso della Ruota di Aristotele

Il paradosso della ruota è citato nell'opera greca Mechanica, la cui dubbia paternità è attribuita ad Aristotele.

Vediamo di cosa si tratta!

Osservare con attenzione la gif animata che rappresenta una ruota, formata da due cerchi concentrici aventi un differente diametro: una ruota all'interno di un'altra ruota.



Fonte: Wikimedia Commons
C'è una corrispondenza uno ad uno tra i punti del cerchio grande e i punti di quello piccolo, pertanto la ruota dovrebbe percorrere la stessa distanza senza tenere conto se rotola da sinistra a destra lungo il segmento superiore oppure lungo quello inferiore. Ciò sembrerebbe implicare che le due circonferenze relative ai due diversi cerchi siano uguali, il che è impossibile.
La fallacia deriva dall'ipotesi che la corrispondenza uno ad uno (corrispondenza biunivoca) fra punti voglia dire che due curve devono avere la stessa lunghezza. In realtà, le cardinalità di punti di un segmento di qualsiasi lunghezza (o anche di una retta, un piano, uno spazio a tre dimensioni, o uno spazio euclideo ad infinite dimensioni) sono tutte le stesse: cioè Aleph-1, così i punti di uno qualsiasi di questi insiemi può essere in corrispondenza biunivoca con i punti di un altro qualsiasi.

Il paradosso della ruota si pone all'interno della querelle attorno al concetto di infinito, sorta nell'antica Grecia. I Greci ritenevano che l'infinito non fosse conoscibile e di poter, quindi, conoscere solo ciò che è determinato e finito.

Aristotele, vissuto nel IV sec. a.C. , affermava: " …il numero è infinito in potenza, ma non in atto." Quindi, l’unica idea accettabile era l’infinito potenziale, inteso come divenire. Tale concezione, però, entrò facilmente in crisi, dando origine a problemi insormontabili e persino a paradossi.

Nel Seicento, Galileo Galilei fu uno dei primi scienziati a mettere in discussione la concezione di infinito propria della filosofia greca, introducendo la possibilità di suddividere un insieme continuo finito, ad esempio un segmento, in infiniti elementi privi di estensione e quindi indivisibili. Secondo la concezione galileiana, il segmento diventa, pertanto, una manifestazione dell’infinito attuale. Altro esempio di infinito in atto è la circonferenza, che può essere considerata come un poligono regolare formato da infiniti lati privi di estensione.

Ma, introducendo il concetto di infinito attuale, il grande pisano andò incontro a diversi paradossi che non riuscì a risolvere. 

Il paradosso della ruota è uno di tali paradossi.

Come abbiamo già visto, considerando due ruote concentriche e solidali, quando la più grande rotola e percorre un giro completo, anche la più piccola fa lo stesso, ed entrambe percorrono due segmenti di uguale lunghezza.
Parve a Galileo che questa conclusione contraddicesse il fatto che i due segmenti rappresentano lo svolgimento di due circonferenze di lunghezza differente.
Egli allora si chiedeva: "Or come dunque può senza salti scorrere
il cerchio minore una linea tanto maggiore della sua circonferenza?".

L'unica via d'uscita era pensare ad una corrispondenza biunivoca tra la circonferenza piccola e quella grande. Ma, questa conclusione sembra contraria al senso comune e in contraddizione con il principio di Euclide che "il tutto è maggiore della parte". A Galileo non resta altro che concludere: "Queste son di quelle difficoltà che derivano dal discorrer che noi facciamo col nostro intelletto finito intorno all'infinito, dandogli quegli attributi che noi diamo alle cose finite e terminate; il che penso che sia inconveniente".

Riconsideriamo un attimo il citato paradosso da un punto di vista meccanico.

Consideriamo due ruote saldate assieme, una interna all'altra, i cui bordi assumono la forma di due circonferenze aventi un diverso diametro.
Le due ruote rotolano per un giro completo senza strisciare. I percorsi tracciati dalle parti inferiori delle ruote sono due segmenti, che corrispondono apparentemente alle circonferenze delle due ruote. Ma poiché i due segmenti hanno la stessa lunghezza, ne consegue che le due ruote devono avere la stessa circonferenza, contraddicendo l'ipotesi che hanno dimensioni diverse! 

La fallacia è il presupposto che anche la ruota più piccola tracci il suo percorso rotolando senza strisciare su una superficie fissa. In realtà, è impossibile che entrambe le ruote eseguano tale tipo di moto.

Fisicamente, se due ruote concentriche di raggio diverso, e collegate tra loro, rotolassero lungo percorsi paralleli allora almeno una delle due dovrebbe strisciare; se fosse utilizzato un sistema di ingranaggi per evitare lo strisciamento, allora le ruote si incepperebbero.
Una moderna approssimazione di tale esperimento è spesso eseguita da automobilisti che parcheggiano troppo vicino ad un marciapiede. Lo pneumatico esterno della vettura rotola senza strisciare sul manto stradale, mentre il coprimozzo interno rotola e striscia lungo tutto il marciapiede; lo strisciamento è evidenziato da un rumore stridente. 


In alternativa, la fallacia è il presupposto che la ruota più piccola sia indipendente dalla ruota grande. Supponiamo che uno pneumatico sia la ruota più grande, e supponiamo che la ruota più piccola sia la circonferenza interna dello pneumatico. Il movimento del cerchio interno dipende dal cerchio più grande. Pertanto, il suo movimento da qualsiasi punto ad un altro può essere calcolato utilizzando un inverso del loro rapporto.

2 commenti:

  1. Molto interessante. Non conoscevo il paradosso.
    Un saluto.

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    Risposte
    1. Scusa il ritardo nella pubblicazione del commento, ma mi era sfuggito.
      Il paradosso della ruota è un antico ed interessante paradosso indubbiamente.
      Un saluto.

      Elimina

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